venerdì 27 maggio 2016

L’ODISSEA D’ALPONE


Scrive il sommo poeta Professòmero delle gesta del nobile guerriero acheo Gianulisse, che partì assieme alle sue armate per la Freccia d’Alpone.
 
Il figlio Neremaco, invece di attenderlo in patria decide di partire anch’esso col manipolo di soldati diretti alla nemica città di Chiampo. Neremaco, profondo conoscitore delle sperdute lande dell’Est, si propone quale cicerone e guida per attraversare questo territorio ricco di insidie ed ascese spacca gambe.


Ma le difficoltà si palesano sin da subito, quando il cavaliere Biròdoco fora, ripetutamente, il tubolare del proprio destriero, non riuscendo ad essere quindi utile alla causa di Gianulisse.
Biròdoco, mesto, abbandona la carovana sull’isola di San Giovanni Poseidone, accompagnato da Buffanèlao, il Mai Dòmoco e Giambennone, il re di Micene.
Prodromico evento, questo, che doveva far presagire sin da subito che la Dèa Catena non era dalla parte dei nostri eroi.


Gianulisse disperato non riesce a trovare punti di riferimento e non si orienta. Percorre strade a lui ignote e mai, mai capisce esattamente dove si trova.
Circondato da pendenze a lui non congeniali e col pericolo costante di cadere prigioniero della Ninfa Calippo.


Alla fine si arrende: Gianulisse e il Professòmero fanno rotta verso casa, a Gianitaca, dove Pànelope in attesa stendeva la sfoglia per i tortellini del pranzo domenicale. Rigorosamente controvento, in formazione crono-ellenica.


Neremaco, Claudianào e pochi altri temerari decidono di proseguire, nonostante le nubi inviate da Zeus comincino ad apparire minacciose all’orizzonte.
Ma è qui, proprio in vista dell’obiettivo che Giove Pluvio scatena tutta la propria ira, e sommerge i nostri con violenti flutti. Questi, per scongiurare il naufragio, trovano rifugio sotto la tettoia di un tempio dedicato a Poseidone, prima di riuscire a dirigersi nuovamente verso Gianitaca.


La Freccia della Faretra d’Alpone è stata per questa edizione una bellissima incompiuta.





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