Non una neanche tanto velata imprecazione, a scanso d’equivoci.
Bensì il menù ciclistico dell’ultimo sabato di maggio ha
(ri)visto protagonista la novella ascesa visitata solo una settimana prima.
Ma andiamo per ordine.
Ai nastri di partenza del Gavagnin, oltre allo zoccolo
duro Iso Sistem, il sempre ottimo Giorgio Furlan, l’onnipresente Claudione e
due graditi ospiti Merlino e il Gughi, in rappresentanza Fimap, accompagnati a
loro volta da un collega mantovano, disperso fuori provincia.
Il ritmo già dalla Pissarotta appare sostenuto, ed invita
qualche ruota già a desistere.
Gioco d’azzardo al bivio del Confin, dove qualcuno finge
di tirare dritto invece di svoltare per Paravanto. Ad opera di chi, non si è in
effetti ancora capito, considerato che quasi tutti tirano praticamente dritto.
Se ne avvantaggia sulle prime rampe che conducono verso S. Rocco il Biro, che
allunga. Salvo poi essere mestamente raggiunto dal Nero, a passo di (suo) “scarico”..
Sono quei momenti in cui ti verrebbe voglia di abbandonare
il ciclismo..
Avanzano a scornate ora Rotini, Giorgio e Merlino, il
quale ignaro della compagnia con cui si trova ad avere a che fare, tenta il
tutto e per tutto, scatto dopo scatto.. sino a simulare, esanime, una fermata
per far scatti (questa volta fotografici) al resto del gruppo che risale la
collina.
Porcara e Porcarola, si diceva.
Per l’appunto, siamo ancora di visita alle suddette
contrade. Provando questa volta la variante bassa, detta “variante del Claudio”.
Che, per evidenti ragioni fisico geometrico astro geografiche, se parte più
bassa e arriva allo stesso punto, un motivo, ben poco gradevole, ci sarà..
difficoltà ascensionali rese ancora più gradevoli dall’apparizione sul percorso
di un simpatico mezzo agricolo che, bovino trasportato incluso, ci accompagna
sin quasi al bivio per la provinciale di Velo.
Fior di bibliografia sulle tecniche di allenamento si è
espressa sulle virtù del dietro motore.
Vuoi per le pendenze incontrate, vuoi per la velocità
quasi interstellare tenuta, vuoi per il gradevole olezzo proveniente dal
rimorchio, francamente, tutto sto vantaggio ci è apparso poco evidente..
Caffè a Roverè con cadeau annesso, un paio di auricolari
a testa (ci torneremo più spesso in sto bar!), il gruppo si fraziona: c’è chi
prosegue, c’è chi rientra a valle, e c’è chi.. è disperso.
Si lancia alla ricerca del perduto collega lombardo il
Merlino, che con indomito sprezzo del pericolo si lancia in picchiata verso il
vaio della Pissarotta. Li rivedremo più avanti verso S. Francesco.
Da S. Francesco ai Gaspari l’è n’attimo.
Dai Gaspari a S. Giorgio l’è n’attimo.
Da S. Giorgio al Branchetto l’è n’attimo.
Tanto ci pensa Claudio, a rassicurarci “no no, non piove.
Al massimo l’è neve, o l’è grandine. Ma non piove”.
E quindi non resta che dar ascolto a cotanta saggezza, l’ultima
salita di giornata, fra sole, nuvole e vento (sempre, non manca mai), prima di
planare in una fresca brezza, ma proprio fresca, nuovamente verso la pianura.
E anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo avuto il nostro
pubblico.
Non tutti pertanto, erano sullo Zoncolan a vedere il
Giro. Che dopo non se diga che a vederne non gh’era neanca un can..
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